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La chiesa

La chiesa, consacrata il 2 settembre 1629 dal vescovo Volpi, è un edificio secentesco, secondo la tipologia delle chiese dell’osservanza del tempo, quindi ormai priva del tipico transetto dipinto, ad aula unica con coro e quattro cappelle laterali, poste sulla sinistra. La facciata è a due salienti, preceduta da portico con finestra serliana e oculo, i salienti laterali comprendono nella parte sinistra la cappelle e nella destra l’accesso al primo chiostro del convento. Il portale è ornato da una lunetta affrescata che rappresenta san Francesco e la Vergine.

Il coro venne rinnovato nel 1708, a spese del p. Fabrizio Agazzini di Ameno.

La realizzazione delle lunette con i santi francescani fu affidata al pittore ossolano Antonio Valentino Cavigione, stabilitosi a Orta, dove  creò una bottega col figlio Pietro e il nipote Luca (1708-1770) che sarà il più famoso della famiglia.  Nelle lunette sono rappresentati  i santi Antonio, Francesco, Bonaventura e Pietro d’Alcantara, ancora esistenti, mentre l’immagine dell’Immacolata, collocata sul fondo del coro, venne distrutta a metà ‘900  per far luogo alla vetrata dipinta con l’episodio dell’impressione delle stigmate a san Francesco sul monte della Verna. La tecnica del Cavigione conoscibile nelle fattezze larghe dei  volti e nei colori smorzati; i modelli a cui si ispira sono quelli usuali  della cultura figurativa lombarda, ad esempio Sant’Antonio col Bambino utilizza una tipologia ampiamente diffusa nella bottega dei fratelli Nuvolone, attivi in molti edifici sacri del Cusio.

Il coro era dotato di stalli e portine, eseguiti per la chiesa del Mesma e ora dispersi, fatti eseguire nel  1708 a spese di padre Agazzini,  provinciale dell’ordine. Gli stalli attuali sono invece di realizzazione ottocentesca, posteriori alla restituzione all’uso monastico del complesso dopo le soppressioni napoleoniche. Un allestimento omogeneo della zona presbiteriale è da datarsi intorno al 1843.

La statuaria lignea

La chiesa di Mesma vanta una serie di statue lignee a soggetto sacro, fra cui il Crocifisso e l’Immacolta.

Il Crocifisso

Solo recentemente ricollocato in chiesa, sopra l’arco trionfale, la scultura, già citata nella seconda metà del ‘700, dopo trasferimento nel 1810 nella chiesa di san Bernardino di Ameno, per  risparmiare l’opera dalle soppressioni napoleoniche, non era stato però più ricollocata in chiesa. In origine l’opera era posta nella cappella intitolata al Crocifisso,  istituita tra 1625 e1634 dalla Compagnia degli amenesi emigrati a Lucca e Camaiore, con il favore dello stesso Obicini. L’apparato originario della cappella prevedeva una tela, ora dispersa, raffigurante la santa Croce di Lucca e i santi Bonaventura, Bernardino, Ludovico e Diego, la quale nel 1712 fu sostituita dal Cristo in croce. Dalle fonti cappuccine la scultura è riferita allo scultore lombardo  Giovanni Battista Antignati (1663-1742) appartenente alla seconda Accademia Ambrosiana, padre di Giuseppe, considerato tra i più insigni scultori lignei della diocesi milanese, autore del modello della Madonnina per il Duomo.

A Giovanni Battista Antignati è assegnato un piccolo gruppo di opere. Alla recente assegnazione, su base attributiva, si annoverano quattro crocifissi, testimonianza della grande abilità e della fama raggiunte dall’artista in questo genere di sculture, dove mostra di elaborare nuove iconografie, aggiornate alle coeve tematiche devozionali in ambito riformato. L’artista fu indirizzato iconograficamente anche dal domenicano Pietro Frasa. I crocifissi dell’Antignati sono quello realizzato nel 1708 per la chiesa milanese di Santa Maria del Giardino, pervenuto all’oratorio di San Gaudenzio a Galliate; l’esemplare attualmente nella chiesa del Monte Mesma, che del primo risulta copia a pochi anni di distanza, e  databile al 1712; un crocifisso molto simile a quello di Mesma, conservato nella chiesa del Castello di Pisogno, che la documentazione di pagamento riferisce al 1713,  e una quarta scultura è custodita  a Oggebbio. Opera dell’Antignati sono anche una Immacolata Concezione della chiesa di San Francesco a Trecate, e  una Madonna del Carmine della parrocchiale di Nosate.<>Il Crocifisso di Mesma, mantiene caratteristiche iconografiche legate alla voluta trasmissione di un forte pathos, con la presenza del motivo, tanto patetico, del petto “esploso” posto  in relazione alle prime forme di culto verso il Sacro Cuore, alimentate a Milano dalla predicazione dell’oblato padre Martinelli. L’immagine del Cristo in croce verso la metà del XVIII secolo subirà un adeguamento in senso illuministico, secondo le nuove modalità di “regolata” pietà introdotte da Ludovico Antonio Muratori. Tutti i crocifissi noti dell’Antignati raffigurano il Cristo spirante, colto nello spasmo dell’agonia, in particolare gli esempi di Santa Maria del Giardino e del Monte Mesma, che mostrano il  corpo arcuato, in un dinamico e nervoso scatto.

Sant’Anna e la Madonna bambina

La più antica scultura lignea attestata a Mesma era la statua con Sant’Anna, citata in occasione dell’inaugurazione della chiesa, nel 1625, probabilmente posta sull’altare della cappella intitolata alla santa, protettrice particolare a cui si era rivolto il fondatore del convento p. Obicino, per poter giungere alla sua opera di creazione del complesso conventuale. La stessa cappella intitolata alla madre della Madonna, fa parte della prima fase costruttiva della chiesa, anche se non è noto l’arredo originario. Nel 1762 fu realizzato ex novo un dipinto per la cappella, ora disperso, raffigurante Sant’Anna e san Innocenzo da Chiusa. Non si precisa però la presenza della statua originaria. La conferma del permanere dell’antica statua della santa è riscontrabile in fonti ottocentesche. Per  essere sottratta al rischio di dispersione, la statua di Sant’Anna venne portata in tempo di  soppressioni napoleoniche nell’oratorio di San Bernardino, da dove nel 1820, con una solenne processione, fu riportata in chiesa, dopo la riapertura ufficiale del convento, avvenuta nel 1819. Priva di possibili riscontri risulta la recente e non documentata informazione che riferisce la scultura a certo Giacomo Vaselli di Lugano. In effetti la scultura citata dalle fonti non corrisponde l’attuale gruppo presente nella cappella di Sant’Anna, per la quale, alla luce dell’analisi stilistica, va esclusa una datazione così antica, mentre l’ancona lignea, di evidente fattura settecentesca, può aver costituito la cornice del citato disperso dipinto eseguito per la cappella nel 1762 e solo in un secondo tempo adattata per contenente la statua.

La notizia che segnalano dei restauri,  negli anni 1919 e 1924, nella cappella di Sant’Anna, potrebbe  porta a suggerire per il gruppo ligneo un’esecuzione riferibile a tale epoca, cui sembrano corrispondere anche considerazioni di ordine tecnico-stilistico.

I santi Francesco e Antonio

Ai lati del presbiterio, collocati un due nicchie, vi sono i simulacri dei santi Francesco e Antonio di Padova, fatte intagliare nel 1843 a Varallo, su commissione del padre  guardiano padre Farina da Garlasco, che  costarono lire 400 milanesi, commissionate probabilmente presso il laboratorio Barolo.

San Francesco con le stigmate

La statua lignea di San Francesco della cappella laterale proviene dal convento dei santi Francesco e Pasquale di Ornavasso, istituita nel 1891, come risposta all’ipotesi di una chiusura del convento di Cerano, grazie alla donazione da parte del prevosto di Omegna don Pasquale Ronchi e della sorella Annetta, di una casa di loro proprietà ceduta gratuitamente ai francescani. È possibile ipotizzare  una provenienza da Cerano della statua in oggetto. La figura, collocata su base a nuvola, con testa di cherubo centrale, mostra nell’impostazione e nei tratti esecutivi, una realizzazione riferibile alla metà del Seicento. La tipizzazione del volto e l’accentuazione di particolari cruenti, come l’insistenza sulle piaghe sanguinanti delle stigmate, corrisponde alle richieste proprie dell’ambito francescano riformato.

Sacrestia

Nel 1752 venne ingrandita la sacrestia  con la collocazione di importanti armadi, per la quale vengono eseguiti  le mense e gli stipi ad opera di Giovanni Battista Cottini da Miasino, detto il Gattonetto. Tali mobili da sagrestia, a seguito delle soppressioni del 1810, furono trasportati nella sagrestia della collegiata di Gozzano, dove sembrano avere una collocazione decisamente più appropriata.