Skip to main content

La danza eterna dell'amore: scoprire la Trinità nel cuore della vita

fr. Maggiorino Stoppa

C'è un desiderio profondo che risuona in ognuno di noi, una sete di significato, di legami autentici, di un senso di appartenenza che va oltre il quotidiano. Lo sentiamo quando ci perdiamo nell'immensità di un tramonto o quando un'onda di nostalgia ci travolge, spingendoci a cercare qualcosa di più grande. Questa ricerca incessante non è solo un sentire interiore, ma un richiamo silenzioso a una realtà più vasta: un mistero divino che non è lontano, ma intrecciato alla trama della nostra stessa vita. È il cuore di Dio, un Dio che non è un'idea statica e distante, ma una vibrante comunione d'amore, un invito costante a entrare nella sua danza.

La Sapienza creatrice: un gioco d'amore divino

Immaginiamo la Sapienza di cui parlano i Proverbi (8,22-31): una figura presente con Dio prima ancora che il mondo fosse creato, una collaboratrice gioiosa. Il testo la descrive mentre "giocava davanti a lui in ogni istante, giocava sul globo terrestre, ponendo le sue delizie tra i figli dell'uomo". Questo "gioco" non è un passatempo frivolo, ma un atto che nasce da una passione profonda, da un amore sconfinato. Non si gioca per necessità, per dovere o per ottenere un risultato esterno. Si gioca per la pura gioia del giocare. Applicare questa metafora a Dio significa affermare che la creazione non è un atto necessario, quasi che Dio avesse bisogno del mondo per colmare una sua mancanza o per realizzarsi. Al contrario, la creazione è l'espressione più alta della libertà e della sovrabbondanza divina. È un atto di puro piacere, di bellezza gratuita, un'opera d'arte scaturita non da un bisogno, ma da un eccesso d'Amore.

Questo "gioco" della creazione non è un evento concluso miliardi di anni fa, finito nel passato, ma continua ancora oggi. È un invito perenne, rivolto a ciascuno di noi. Ci è data la possibilità di "entrare nel gioco", di partecipare con la nostra libertà, la nostra creatività e il nostro amore all'opera continua di Dio nel mondo, trasformando il nostro fare in una gioiosa co-creazione. La vita spirituale, allora, cessa di essere percepita come un fardello di precetti e si trasforma in una partecipazione gioiosa e appassionata alla danza creativa e redentrice di Dio.

Forse l'autore dei Proverbi non aveva la visione completa della Trinità come la conosciamo noi oggi. Eppure, la tradizione cristiana ha riconosciuto in questa Sapienza una chiara anticipazione di Cristo, il Verbo, attraverso il quale ogni cosa è stata fatta.

Dio è Amore: la Trinità come comunità dinamica

A differenza del "motore immobile" della filosofia, un Dio statico e indifferente, la Scrittura rivela con forza che "Dio è Amore" (1 Gv 4,8). la conseguenza logica è stringente e meravigliosa. L'amore non può esistere nella solitudine; un amore puramente autoreferenziale non è amore, ma narcisismo. L'amore esige un "altro": un amante presuppone un amato. Se Dio fosse una monade solitaria, un'unica persona chiusa in sé, come potrebbe essere eternamente e pienamente Amore prima e indipendentemente dalla creazione? Nel cuore stesso di Dio, questo amore è così pieno e perfetto da prendere la forma di una Persona: lo Spirito Santo, il legame vivente tra il Padre (l'Amante) e il Figlio (l'Amato). Riconoscere la Trinità significa accogliere un Dio che è mistero di comunione e donazione, non un essere chiuso in sé, ma pura comunicazione.

I teologi chiamano questa dinamica "pericoresi", una parola greca che evoca l'idea di una "danza circolare". Immaginiamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo muoversi in un abbraccio reciproco, accogliendosi e amandosi, pur mantenendo la propria identità, per divenire UNO. Questa "danza nuziale" è il ritmo eterno della vita trinitaria, un movimento incessante di amore e armonia.

La creazione del mondo, in questa prospettiva, non nasce da una mancanza in Dio, ma dalla sua sovrabbondante pienezza d'amore, è l'espressione esteriore di questa delizia trinitaria. Se Dio è una "danza d'amore", come questo trasforma il nostro modo di vivere le relazioni? Ci spinge a riflettere sull'amore stesso, che per essere autentico deve essere dinamico, comunicativo e relazionale, proprio come Dio.

L'impronta della comunione: la Trinità nella creazione

La dinamica di amore e comunione che esiste in Dio non resta confinata al divino, ma si riflette in tutta la creazione, in modo particolare nell'essere umano. La dinamica di comunione che costituisce Dio si riflette, come in un sigillo, in ogni opera delle sue mani.  L'apostolo Paolo ci ricorda che le perfezioni invisibili di Dio, la Sua eterna potenza e divinità, si possono comprendere proprio osservando le opere che Lui ha compiuto (Rm 1,20).

Questa è una delle intuizioni più care alla tradizione francescana, magnificamente sistematizzata dal Dottore Serafico, san Bonaventura da Bagnoregio. Per lui, l'universo intero è come un grande "libro" o uno specchio in cui si possono leggere le orme (vestigia) della Trinità che lo ha creato. Sono le "vestigia Trinitatis", le "tracce" o "impronte" della Santissima Trinità nel mondo creato, in ogni cosa che esiste, dalla più piccola particella alla più grande galassia. Non una prova, ma una lente che, dopo la rivelazione di Cristo, ci permette di intuire il mistero di Dio e di vedere la natura stessa delle cose alla luce divina. Questa visione offre una base teologica profonda per una spiritualità ecologica. Se ogni creatura porta in sé l'impronta della comunione trinitaria, allora rispettare le delicate interconnessioni degli ecosistemi, custodire la biodiversità, ammirare la bellezza del creato non sono solo doveri etici o gesti di buon senso, ma diventano un atto di contemplazione, un modo per onorare e venerare le "orme" lasciate dalla Danza divina sul mondo.

Da qui nasce anche il senso più profondo della salvezza: se la creazione nasce dalla comunione trinitaria e l'uomo è fatto a sua immagine, essere salvati significa essere "catturati" in questa comunione. Significa essere abitati da Dio e abitare in Lui, aprendoci in modo che anche gli altri possano trovare spazio in noi, e noi in loro. La salvezza non è solo perdono, ma una restaurazione della nostra capacità di partecipare a quella stessa comunione, un cammino per diventare sempre più simili al Dio Trino, più pienamente relazionali.

Lo Spirito Santo: guida alla verità e all'amore eterno

Come possiamo noi, creature fragili e limitate, entrare in questo mistero di comunione? Come può la danza eterna di Dio diventare la nostra danza? La risposta ci viene offerta da Gesù nel suo discorso di addio agli apostoli, nel Vangelo di Giovanni. Egli sa che il mistero della sua persona e della sua relazione con il Padre è troppo grande per loro: "Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso" (Gv 16,12). Il loro cuore e la loro mente non sono ancora pronti ad accogliere la pienezza della verità.

Gesù promette la venuta dello Spirito Santo, il Paraclito, che guiderà i discepoli "alla verità tutta intera" e annuncerà "cose future". Questa promessa non significa una conoscenza immediata e perfetta, ma un invito a un cammino continuo di scoperta e crescita nella comprensione del cuore di Dio e della nostra vera umanità. Quando Gesù dice che lo Spirito "vi annuncerà le cose future" (Gv 16,13), non si riferisce a una sorta di divinazione. Si tratta di un dono molto più prezioso: la capacità, infusa dallo Spirito, di leggere la nostra storia personale e quella del mondo non come una sequenza casuale di eventi, ma alla luce della vittoria pasquale di Cristo e della nostra destinazione finale, che è la piena e gioiosa partecipazione alla vita trinitaria.