Maria e il coraggio di camminare: dalla paura alla fede
- a calendario: OFF
- In Bacheca: ON
Un mese mariano nel cuore della pasqua
Maggio è arrivato, portando con sé la bellezza della primavera e la devozione speciale che la tradizione dedica a Maria. Ma questo mese non è un'isola nel calendario liturgico. Si inserisce pienamente nel Tempo Pasquale, un periodo luminoso segnato dall'Alleluia, dalla scoperta progressiva del Cristo Risorto e dall'attesa dello Spirito Santo promesso a Pentecoste.
Contemplare Maria a Maggio significa, quindi, guardare a lei all'interno di questo mistero centrale della nostra fede. La preghiera del Regina Caeli, tipica di questo tempo, ci invita a gioire con lei per la Risurrezione del Figlio. Maria diventa così la guida perfetta per imparare a vivere la fede pasquale, specialmente nell'attesa fiduciosa dello Spirito.
Ma come i primi discepoli, anche noi possiamo sentirci smarriti, timorosi. Ed è qui che la presenza silenziosa e forte di Maria ci viene in aiuto, invitandoci a guardare oltre le nostre paure.
Chiusi nel Cenacolo: la paura ieri e oggi
I giorni che trascorsero tra la Risurrezione e la Pentecoste videro i discepoli riuniti nel Cenacolo, timorosi e incerti sul futuro. Nonostante il Risorto fosse apparso loro più volte, rimanevano paralizzati dalla paura. Questa condizione non riflette forse la nostra situazione attuale?
Anche noi, pur professando la fede nel Risorto e avendone forse fatto esperienza nei momenti di rinascita personale, nelle riconciliazioni inaspettate, nella scoperta di un senso più profondo nelle difficoltà, continuiamo a vivere nel timore. Le guerre che devastano diverse parti del mondo, la violenza che sembra permeare ogni aspetto della società e le divisioni che lacerano persino la comunità ecclesiale contribuiscono certamente a questo clima di apprensione. Sono paure reali.
Ma c'è una paura più sottile, forse la più insidiosa: la paura del cambiamento. Viviamo in un'epoca di trasformazioni veloci che ci destabilizzano, ci fanno sentire come se perdessimo l'equilibrio. Ci aggrappiamo al conosciuto, resistiamo al nuovo, temendo di perdere la nostra identità o la nostra fede. Ma siamo sicuri che questa resistenza sia vera fedeltà e non, piuttosto, paura di lasciar andare il controllo e, per questo, poca fede?
Camminare è perdere l'equilibrio: la fede come fiducia nel movimento
Pensiamo a come camminiamo: ogni passo è un piccolo rischio, una perdita momentanea di equilibrio per poter avanzare. È un continuo sbilanciarsi e ritrovarsi. L'immobilità è segno di morte; il movimento, anche incerto, è vita. Applicando questo alla vita spirituale, capiamo che crescere nella fede, essere fedeli al Vangelo in un mondo che cambia, richiede la capacità di accettare l'instabilità, di "perdere l'equilibrio" per poter andare avanti. La paura del cambiamento assomiglia alla paura di fare il primo passo.
Per camminare serve fiducia: nel nostro corpo, nel terreno, nella meta. Allo stesso modo, per affrontare i cambiamenti della vita e della Chiesa serve una profonda fiducia spirituale: fiducia che Dio è presente anche nel caos, che lo Spirito guida la storia, che Cristo è il nostro appoggio sicuro anche quando le certezze umane vacillano. Questa fiducia dinamica è la fede. La fede non elimina l'instabilità, ma la trasforma in progresso.
Se la fede è questa fiducia che permette di camminare nell'incertezza, allora la paura paralizzante del cambiamento potrebbe essere un sintomo di una fede debole. Una resistenza ostinata al nuovo può nascondere la difficoltà a credere davvero che Dio è il Signore della storia e agisce anche oggi, in modi che non sempre capiamo. Risuona la domanda di Gesù: "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8). È legittimo interrogarsi se la nostra angoscia di fronte al cambiamento non sia, in fondo, espressione di una fede vacillante.
Colei che rimase fedele e ci sprona all'audacia
Torniamo al Cenacolo. Mentre molti erano paralizzati dalla paura, gli Atti degli Apostoli ci dicono che Maria, "la madre di Gesù", era lì, perseverante nella preghiera insieme agli altri (Atti 1,14). Lei, che aveva già accolto lo Spirito e custodito tutto nel suo cuore (Lc 2,19), diventa il punto fermo, la custode della fede per la comunità nascente. La sua presenza orante non è solo conforto, ma un vero sostegno spirituale che prepara la Chiesa a ricevere il dono della Pentecoste.
Maria compie questa missione al modo di una madre. Come madre, si preoccupa che i suoi figli siano pronti per l'incontro più importante della loro vita: quello con lo Spirito Santo. E come ogni madre, desidera che siano preparati, "in ordine". L'amore di Maria per noi, suoi figli è tenero ma anche esigente. Come una buona madre desidera la crescita e la piena realizzazione dei figli, così Maria ci sprona alla santità, a dare il meglio di noi stessi, ad avere il coraggio della fede. Questo suo desiderio non è in contrasto con la misericordia di Dio, ma ne è un riflesso. Maria ci vuole santi perché Dio ci vuole santi (Ef 1,4).
La “santa esigenza” di Maria
Contrariamente a una visione riduttiva che talvolta ci viene proposta, Maria non è "più buona e misericordiosa" di Dio. Piuttosto, la sua bontà si manifesta proprio nella sua santa esigenza, tipica dell'amore materno autentico. Ci ama troppo per lasciarci nella mediocrità spirituale; desidera per noi il meglio.
Il comportamento di Maria nei nostri confronti è caratterizzato da un incoraggiamento a osare, anche quando ciò sembra andare contro la prudenza umana. La sua stessa vita è un esempio di questa fede audace, pensiamo all'episodio delle nozze di Cana, dove sollecita Gesù a compiere il suo primo segno nonostante l'apparente riluttanza iniziale del Figlio. Ma ancora più emblematico è il momento dell'Annunciazione, quando Maria, con audacia spirituale, pronuncia il suo "sì" a qualcosa di umanamente incomprensibile, affrontando lo scandalo e l'incomprensione sociale.
La sua fedeltà raggiunge il culmine sotto la croce, dove rimane ferma mentre il suo cuore viene trafitto da una spada di dolore. Lì dove qualsiasi madre sarebbe stata sopraffatta dalla disperazione, Maria resta eretta, sostenuta unicamente dalla fede. L'evangelista Giovanni la descrive mentre "stava" (histēmi) presso la croce. In piedi, non prostrata, testimone di una fede che resiste anche di fronte alla morte.
L'amore esigente di Maria ci chiama quindi a uscire dalla passività e dalla paura, a diventare protagonisti coraggiosi della nostra fede e della missione della Chiesa.
Affidarsi a Maria per camminare nella fede
Guardiamo a Maria come modello per superare la paura, specialmente quella del cambiamento che ci fa temere la perdita di equilibrio. Lei ci insegna che proprio accettando l'instabilità con fiducia – cioè con fede – possiamo camminare e crescere.
Il suo amore materno, forte e tenero, ci sprona a non accontentarci, a osare nella fede come ha fatto lei. La vera fede non consiste nel rimanere aggrappati alle certezze del passato, ma nell'affidarsi al Dio che fa nuove tutte le cose.
Affidiamoci dunque a questa Madre esigente e amorevole, chiedendole di aiutarci a riconoscere i segni della presenza di Dio nelle trasformazioni che talvolta ci spaventano. Con lei come guida, possiamo imparare a "stare" saldi nella prova e a "camminare" con speranza, anche quando l'equilibrio sembra precario, passando dal cenacolo chiuso delle nostre paure all'apertura gioiosa della Pentecoste.