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Catechesi Quaresima 2024

Michea

Il libro di Michea si presenta come una testimonianza preziosa della profezia biblica, offrendo uno sguardo penetrante sul contesto storico e religioso dell'antico Israele. Composto da sette capitoli, il libro si apre con i primi cinque capitoli attribuiti al profeta principale, Michea, e si conclude con i restanti due capitoli, che trasmettono la predicazione di un altro profeta anonimo, noto come Deutero-Michea.

Nella prima parte del libro, attribuita al proto-Michea, siamo introdotti al contesto storico e politico in cui si svolge la sua missione profetica. Egli vive nel regno di Giuda, durante il regno di Ezechia, e le sue profezie riflettono le tensioni sociali, politiche e spirituali che caratterizzano il periodo. Il suo ministero si svolge nel contesto turbolento segnato dall'espansione dell'impero assiro e dalla minaccia di deportazione e distruzione. Attraverso un linguaggio chiaro e incisivo, Michea mette in luce le contraddizioni e le corruzioni presenti nella società, sottolineando la necessità di un ritorno alla fedeltà a Dio e agli ideali dell'alleanza.

La seconda parte del libro, nota come Deutero-Michea, presenta un altro profeta che ha operato qualche tempo prima nelle regioni settentrionali, durante il declino del regno di Israele. Questo anonimo profeta, vissuto poco prima di Michea, opera tra il 720 e il 730 a.C., testimonia il tracollo imminente del regno settentrionale sotto il peso dell'espansione assira. Attraverso un genere letterario della disputa, tipico dei profeti, il Deutero-Michea convoca il popolo di Israele di fronte al tribunale divino, denunciando le loro infedeltà e le ingiustizie sociali. La sua voce risuona con urgenza e fermezza, avvertendo delle conseguenze disastrose che attendono coloro che si allontanano dai precetti divini.

In entrambe le parti del libro di Michea, emerge un richiamo alla giustizia, alla fedeltà e alla responsabilità di fronte a Dio. Questi profeti non si limitano a predire il futuro, ma cercano di influenzare attivamente il presente, invitando il popolo a un sincero ravvedimento e ad un rinnovato impegno verso la verità e la rettitudine. . Il loro messaggio, ancorato nell'antico Israele, offre spunti di riflessione su questioni morali e spirituali ancora rilevanti oggi.

Michea 6,1-8

1 Ascoltate dunque ciò che dice il Signore:
«Su, illustra la tua causa ai monti
e i colli ascoltino la tua voce!».
2Ascoltate, o monti, il processo del Signore,
o perenni fondamenta della terra,
perché il Signore è in causa con il suo popolo,
accusa Israele.
3«Popolo mio, che cosa ti ho fatto?
In che cosa ti ho stancato? Rispondimi.
4Forse perché ti ho fatto uscire dalla terra d'Egitto,
ti ho riscattato dalla condizione servile
e ho mandato davanti a te
Mosè, Aronne e Maria?
5Popolo mio, ricorda le trame
di Balak, re di Moab,
e quello che gli rispose
Balaam, figlio di Beor.
Ricòrdati di quello che è avvenuto
da Sittìm a Gàlgala,
per riconoscere
le vittorie del Signore».
6«Con che cosa mi presenterò al Signore,
mi prostrerò al Dio altissimo?
Mi presenterò a lui con olocausti,
con vitelli di un anno?
7Gradirà il Signore
migliaia di montoni
e torrenti di olio a miriadi?
Gli offrirò forse il mio primogenito
per la mia colpa,
il frutto delle mie viscere
per il mio peccato?».
8Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono
e ciò che richiede il Signore da te:
praticare la giustizia,
amare la bontà,
camminare umilmente con il tuo Dio.

La disputa

La disputa, un antico schema comunicativo e giuridico che permea le relazioni umane attraverso i secoli, trova un nuovo significato nel contesto della profezia biblica. Nel libro di Michea, questo genere letterario emerge come uno strumento fondamentale per interpretare il rapporto tra Dio e il suo popolo.

Il deutero-Michea, consapevole del precipizio imminente che minaccia il regno settentrionale di Israele, utilizza un linguaggio fortemente condizionato dalla disputa. Questo schema, tipico dei procedimenti giudiziari, si basa su un conflitto bilaterale finalizzato a risolvere le controversie e le situazioni di contestazione. Si delinea un quadro in cui due parti in disaccordo si confrontano pubblicamente, esponendo le loro ragioni di fronte agli spettatori che garantiscono il rispetto delle regole.

Nella prospettiva biblica, la disputa assume una dimensione divina. Il Signore interviene come parte offesa, richiamando il suo popolo a rendere conto delle sue infedeltà e ingiustizie. È un atto di rivendicazione da parte di Dio, che reclama il rispetto dell'alleanza e della storia d'amore instaurata con il suo popolo.

Il deutero-Michea si fa portavoce di questo messaggio accusatorio, convocando il popolo di Israele di fronte al tribunale divino. Attraverso la convocazione e la requisitoria, il profeta sviluppa un discorso di accusa contro le infedeltà del popolo, mettendo in discussione i fondamenti della loro relazione con Dio.

La disputa, dunque, non solo rivela le tensioni e le contraddizioni della società del tempo, ma invita anche a un profondo esame di coscienza e a un ritorno alla fedeltà e alla giustizia.

Il Signore è parte lesa

Il profeta invita a una disputa cosmica, convocando monti e colli affinché ascoltino la sua voce. Il Signore rivendica di essere in lite con il suo popolo, chiedendogli conto del suo comportamento. Lamenta che, nonostante i benefici concessi, il popolo abbia trasgredito l'impegno di amore stabilito. La contestazione del Signore, pur vigorosa, rivela un'affettuosa intenzione di ristabilire l'alleanza spezzata.

Nel nucleo essenziale dell'imputazione, emerge l'accusa: il popolo ha trascurato l'impegno di una relazione amorosa con il Signore, rinnegando i doni straordinari e seguendo vie autonome. Il linguaggio accorato, pur severo, testimonia l'importanza e la fermezza dell'amore divino, nonostante il rifiuto subito. Si osserva che, nonostante il tono vivace e incisivo della contestazione, il linguaggio utilizzato mantiene un'intonazione straordinariamente affettuosa. Quando si legge "popolo mio, che cosa ti ho fatto?", l'espressione "popolo mio" sintetizza tutta l'affettuosa relazione di alleanza che il Signore ha scelto di stabilire con il suo popolo. È come se il Signore dicesse: "Io sono il tuo Dio, tu sei il mio popolo; io sono qui per te, e tu sei qui per me". Questo linguaggio trasmette l'intensità massima della connessione emotiva.

Stupisce un poco che la nostra traduzione della Bibbia scriva al versetto 5:

 5Ricòrdati di quello che è avvenuto
da Sittìm a Gàlgala,
per riconoscere
le vittorie del Signore.

Nel testo ebraico non troviamo la parola vittorie  ma giustizie (צְדָקָה - tsᵉdâqâh). In questo caso, le giustizie del Signore è da intendersi come l’innocenza del Signore. Il Signore si presenta come innocente, in quanto è lui l’offeso. Dio si presenta non in quanto magistrato che deciderà chi ha ragione e chi torto e suddividerà colpe e condanne da una parte e benefici e benedizioni dall’altra: non è così. Dio si presenta in qualità di offeso, Lui è la parte lesa; si presenta in quanto è Lui che ha subito il danno; si presenta in quanto rivendica la sua innocenza nel contesto di una relazione d’amore, di una comunione di vita che è stata tradita. 

Il Signore vuole te, non le tue cose

6«Con che cosa mi presenterò al Signore,
mi prostrerò al Dio altissimo?

Leggiamo ora parole che riflettono il tumulto che agita la coscienza di chi è stato chiamato a questa Disputa. Il profeta riflette sulle possibili giustificazioni offerte dal popolo di fronte al Signore: 

mi prostrerò al Dio altissimo?
Mi presenterò a lui con olocausti,
con vitelli di un anno?
7Gradirà il Signore
migliaia di montoni
e torrenti di olio a miriadi?
Gli offrirò forse il mio primogenito
per la mia colpa,
il frutto delle mie viscere
per il mio peccato?

Addirittura, il primogenito, una pratica di culto presente nella tradizione cananea. Ma il Signore  richiama l'attenzione sulla pratica della giustizia, della pietà e dell'umiltà. Il Signore non desidera sacrifici materiali, ma piuttosto una relazione autentica e impegnata con il suo popolo.

8Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono
e ciò che richiede il Signore da te:
praticare la giustizia,
amare la bontà,
camminare umilmente con il tuo Dio.

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